da La Nuova Venezia
Rabbia e sogni di una shampista a Montecitorio
Piace e convince l’opera prima di Michela Mocchiutti. Uno sguardo severo su chi ci rappresenta.
“Ha tutte le intenzioni di superare per fama e per spietatezza il diabolico barbiere di Fleet Street. Tra le pieghe della sua divisa nasconde forbici, lamette e rasoi che solo a immaginarseli ci si tira su il colletto della camicia e ci si sistema meglio la sciarpa. La sua mente esulta di piace- re assoluto quando fantastica sul momento in cui vedrà schiattare a terra la sua vittima. La missione che il destino riserba per lei è però sacrosanta. Nipote di un famoso politico la giovane Marzia riesce, grazie a una notevole cultura politica e a un eccellente bravura nel fare massaggi alla cute, a superare uno dei concorsi più difficili esistenti: entrare nella barberia di Montecitorio. Lo scopo non è soltanto l’orgoglio di essere la prima donna a occupare una posizione così privilegiata. È una questione che ha più a che fare con un nonno che le ha trasmesso i principi fondamentali della Costituzione. Marzia decide così di ri- vendicare il valore della polis uccidendo il più opportuni- sta, disonesto e maleducato deputato presente a Palazzo. Mercoledì al Teatro Fondamenta Nuove l’attrice veneziana Michela Mocchiutti ha esordito con la sua opera prima, “Marzia su Roma”. Conosciuta anche per il suo intenso e costante impegno politico, soprattutto a tutela dei lavo- ratori dello spettacolo, la Mocchiutti ha lavorato a lungo per scrivere il testo di una pièce ambientata in un luogo «così autosufficiente da non avere neppure bisogno degli elettori» dove «tutto è in stile liberty, compresi i depu- tati». Anche a costo di trascorrere la sua vita in prigione Marzia decide di compiere un gesto esemplare che serva d’insegnamento a tutti coloro che dimenticano la responsabilità, il coraggio e il rispetto. Perfino il protettore che si porta sotto forma di fotografia nel taschino della divisa, Sandro Pertini, non osa insinuarle dubbi sul progetto che ha in mente. I problemi cominciano quando inizia davvero la sua attività perché non sa chi scegliere. La Mocchiutti interpreta uno a uno i politici che entrano nella barberia, strappando risate per la capacità di trasformare il tragi- co in comico. Il Palazzo, illuminato da sfarzosi lampadari, assomiglia a un castello da fiaba, lontano dalla realtà che vivono quotidianamente i cittadini. Qui tutto è ovattato. Non arrivano le proteste della gente, così come non arri- vano fuori dalle mura i nomi dei deputati con una fedina penale quanto meno insolita per chi deve amministrare la giustizia. Nelle vesti di guida di Montecitorio Michela Mocchiutti denuncia nomi e cognomi dei politici in que- stione sfondando le orecchie di chi non vuole sentire. Non ci sono donne in questo scenario politico, ma solo uomini che lasciano biglietti da visita e numeri di cellulari alla povera shampista che si ritrova in un mondo squallido che le cambierà la vita. Nonostante la rabbia il cuore di Marzia brilla di un idealismo così romantico da sembra- re più che una Sweeney Todd una pasionaria che non ri- nuncia ad abbandonare il sogno di un mondo migliore.”
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di Vera Mantengoli
“SOLA IN CASA” omaggio a Dino Buzzati 29 ottobre 2018
Indossa i panni di “Iris, cartomante e chiromante laureata, via Nassa 35…” la bravissima attrice veneziana Michela Mocchiutti nel suo ultimo spettacolo, messo in scena per la prima volta al Modus di Verona, dal 26 al 28 ottobre 2018. La regia è di Mauro Avogadro, regista stabile al Piccolo di Milano e presente nella rassegna invernale 2018-2019 al Teatro Nuovo veronese con lo spettacolo “Copenaghen”, in apertura di programma, dal 6 all’11 novembre.
“Sola in casa” è un monologo scritto da Dino Buzzati, negli anni cinquanta, per la famosa attrice Paola Borboni, che ottenne, al suo debutto, un grande successo. Il racconto è ambientato nell’Italia del dopoguerra, sprofondato in un’atmosfera thriller, attenuata e resa rarefatta dalla carica ironica, a tratti comica, del testo ma soprattutto di Michela Mocchiutti la cui abilità recitativa, e aggiungerei gestuale e posturale, è nota al grande pubblico. Sul palcoscenico, infatti, seguendo le indicazioni dello scrittore, l’attrice deve simulare oggetti e movimenti: porte che si aprono e si chiudono, presenze assenti, spostamenti mimetici all’interno di un ambiente spoglio ed essenziale. Un personaggio, quello di Iris, che le calza perfettamente, abile com’è a rivestire ruoli/monologhi, molti dei quali di grande successo.
I colori rosa e rosso dell’allestimento sembrano richiamare i dipinti di Buzzati; egli si dedicò con profonda passione alla pittura, che considerava un vero e proprio mestiere. Molte opere sono in- trecciate alle atmosfere dei suoi libri, e lui stesso amava definirle “storie dipinte” per evidenziarne la carica comunicativa.
In questo monologo l’ambiente è piccolo ed intimo, e Iris vive lì da sola, avvertendo, in modo amplificato, paure e minacce reali e virtuali. La storia ha sfumature surreali, le stesse che caratterizzano alcuni racconti e romanzi dell’autore, annoverato, per questo, tra i più importanti scrittori di realismo magico del ‘900 italiano.
A parte il clima retrò che serpeggia in scena, l’attualità dell’opera è indiscutibile. Una storia di femminicidi e violenza ambientata tanti decenni fa, ma con un finale del tutto sorprendente, un po’ assurdo; una conclusione onirica che concorre a rilassare la tensione prodotta dallo spannung narrativo. Iris “cartomante laureata” vive per un attimo il suo momento di gloria, libera il quartiere da un serial killer eppure scoppia in una sonora risata…i tarocchi, infondo,hanno sempre ragione!
Daniela Marani
Recensioni, Spettacoli “SOLA IN CASA” omaggio a Dino Buzzati 29 ottobre 2018“SOLA IN CASA” omaggio a Dino Buzzati
TEATRO: SOLA IN CASA di Dino Buzzati
– regia di Mauro Avogadro – con Michela Mocchiutti
9 Dicembre 2018
di Nicola Da Lio
Il destino scritto sulle carte di un’esuberante chiromante bussa alla porta dello studio della donna, e si manifesta nel corpo di un assassino. Questa in sintesi è la trama del breve ma straordinario monologo “Sola in casa”, scritto da Dino Buzzati. La piece era stata creata appositamente per la grande Paola Borboni, e debuttò per la prima volta nel lontano 23 maggio 1958 a Milano. Esattamente sessant’anni dopo, la cartomante “laureata” Iris, torna sul palco incarnata da Michela Mocchiuti. L’attrice, friulana di nascita e veneta di adozione, ha già avuto modo precedentemente di confrontarsi con la dura prova del monologo grazie a “Marzia su Roma”, da lei anche scritto, nel quale profetizzava l’avvento al governo dei pentastellati. Questa volta si affida, con bravura e intensità, invece al testo del grande scrittore bellunese; testo che, appa- rentemente semplice, oscilla costantemente tra un tono drammatico ed uno comico. La simpatia della protagonista, travolgente tra l’enorme chioma, il decollete, e gambe rette su lunghissimi tacchi, fa da contraltare ad un set claustrofobico, in attesa di una minaccia esterna come il fortino de Il deserto dei Tartari, ma prendendo anche elementi classici del thriller. A mescolar tutte queste suggestioni contribuisce efficacemente la regia affidata a Mauro Avogadro, già collaboratore di Luca Ronconi e direttore della Scuola di recitazione del Teatro Stabile di Torino, attualmente regista e docente di interpretazione presso il Piccolo di Milano. Il risultato è un testo ironico, che sa prendersi gioco anche della cosiddetta “cultura alta”, riempendo la scena di “totem”, tra un gatto chiamato come il filosofo Platone, ed un lucertolone battezzato come il drammaturgo Ibsen. Un orologio rotto pare invece prendere in giro la razionalità dell’uomo moderno. Ben più lungimiranti sapranno essere le carte della chiromante, sebbene la loro padrona pare ad un certo punto perdere fiducia in loro (poi smentita). Giocosa è anche l’ambientazione “vintage” anni cinquanta, con Tipitipititso di Caterina Valente come colonna sonora. Ma ovviamente i temi della paura e della insicurezza parlano anche ai giorni nostri, anche se sono collaterali allo scopo principale del testo di Buzzati, cioè quello di una efficacissima, estrosa, tragicomica rappresentazione della solitudine.